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Bologna, cadono dall'ottavo piano e muoiono. I fratelli di 11 e 14 anni erano in castigo


Potrebbe esserci una fatalità alla base della tragedia avvenuta in via Quirino di Marzio. Secondo indiscrezioni, il padre li aveva chiusi in casa per metterli in castigo dopo una lite. Genitori sentiti per ore 


Potrebbe essere una fatale disgrazia la causa della morte dei due fratelli di 14 e 11 anni precipitati ieri dall'ottavo piano di un palazzo della periferia di Bologna, in via Quirino di Marzio. I genitori sono stati interrogati fino a sera dalla polizia e il padre, secondo indiscrezioni riportate dalla stampa, ha raccontato di aver chiuso la porta di casa per mettere in castigo i due figli e di essere poi andato a fare la doccia.

“Ho chiuso la porta di casa per punizione”

Il padre, che al momento della tragedia era solo in casa con i figli, secondo i media ha raccontato alla polizia: “Ero arrabbiato con loro perché li avevo mandati a fare la spesa e non mi avevano portato il resto giusto. Allora ho chiuso la porta di casa per punizione, in modo che non potessero uscire, e sono andato a fare la doccia”. In quel momento, i due ragazzini sarebbero precipitati e poco dopo un vicino ha suonato il campanello per avvertirlo che i figli erano caduti. Una versione, quella del padre, giudicata credibile dagli inquirenti. La madre ha poi parlato anche di un altro litigio avvenuto il giorno prima: uno dei figli aveva un telefonino non suo e aveva raccontato una bugia in proposito.


L’incidente

A dare l’allarme sono stati i vicini, che hanno notato intorno alle 10 i due cadaveri in una sorta di cortile interno, dove c'è molto passaggio di persone e automobili. Diversi condomini si sono accorti del rumore della caduta, ma nessuno ricorda di aver sentito delle grida. "Ero con un amico quando li abbiamo visti, lui ha chiamato l'ambulanza", racconta un residente, che spiega che quando è arrivato il personale sanitario sono iniziate le manovre per rianimarli. "Ma gli infermieri si sono messi le mani nei capelli".

La famiglia

La coppia, di origine kenyota e in Italia da diversi anni, ha altri due figli, un maschio di due e una femmina di otto anni. La famiglia vive in un palazzone in una zona popolare nell'area ovest della città, a due passi da un grande deposito di autobus, ed era ospite in un appartamento, ora sotto sequestro, di proprietà di una onlus fondata anni fa per accogliere persone con donne che non volevano abortire e che chiedevano aiuto, ma diventata poi nel tempo una realtà di accoglienza più ampia, in convenzione con i servizi sociali. Il nucleo ha detto Annalisa Faccini, responsabile del pronto intervento sociale del Comune, "non era seguito in maniera specifica. Risultano contatti per sostegni economici, da qualche anno".



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